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ESPERIENZE |
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……e curiosità
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A metà degli anni settanta ci trovammo a Cinisello
Balsamo e dintorni un gruppo di Mazaresi, chi per lavoro chi per studio, a cui
piaceva dare quattro calci ad un pallone
e nostalgici della nostra lontana Città formammo una squadra di
calcio per partecipare ad un torneo estivo a sette giocatori e ad
eliminazione diretta. La squadra si chiamò “Mazara
United”. Dopo la prima partita vinta e ben giocata si sparse la voce
dell’esistenza di questa squadra. Alla seconda ci trovammo con un
centinaio di spettatori in più e mano a mano che si andava avanti gli
spettatori aumentavano e mentre nelle altre gare, a cui non partecipavamo
noi, gli spettatori erano quattro gatti quando giocavamo noi aumentavano
sempre di più. Mancava solo Luigi che desse la carica
“Dài Dài Mazara” e sembrava di essere tornati a
casa, l’entusiasmo era alle stelle. Per farla breve all’ultima
partita hanno assistito più di mille spettatori che avevano invaso
l’angusto spazio dell’Oratorio dove si svolgeva il torneo. Ci
qualificammo al terzo posto su 36 squadre partecipanti. I Mazaresi che
formavamo la squadra erano: Ciccio Alagna, Andrea Asaro, Luciano Falco, Piero
Fasulo, Calcedonio Iemmola e Gino Montallegro. Avevamo due
“stranieri” Nunzio Colella (Pugliese di origini) e Nerino
Bulgaron (Veneto). Allenatore era Igino Preite (Messinese). E
curiosità per curiosità esordì quella volta per soli
cinque minuti di gioco e penso che non abbia più toccato pallone da
allora Vito Mio (Giacalone) che avevamo annunciato come un fuoriclasse che
finse di infortunarsi al primo tocco di pallone lasciando l’amaro in
bocca a chi sperava nella sua classe ma non a noi.
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Vestivamo……………..con
i Jeans Nei primi anni ’60 a Mazara (e non solo) i Jeans non si conoscevano. Un gruppo di ragazzi avevamo scoperto questo tipo di pantaloni ed abbiamo incominciato ad indossarlo. Nostro fornitore ufficiale era lu Zu Filippu Robbi Americani (Falcetta) a Porta Palermo. Ci trovavamo il giorno che arrivavano le balle di robbi americani, lu Zu Filippu le apriva e noi ci catapultavamo sui jeans per scegliere i nostri preferiti (Levi’s, Roy Rogers ecc.) belli consumati e se ci capitava di trovarli poco consumati andavamo a strisciare sulle arcate del vecchio ponte sul Mazaro a rovinarli ancora un po’. Eravamo guardati come persone strane. Ragazzi vi verrà da sorridere ma era proprio così, i jeans allora erano un capo strano di abbigliamento in Italia. E quegli inizi degli anni sessanta per noi erano gli albori della rivoluzione culturale non solo in fatto di abbigliamento ma di tutto il nostro modus vivendi. Adesso sembra strano se una persona, di qualsiasi età, non abbia un paio di jeans nel proprio guardaroba, ma allora gli “strani” eravamo noi. · LO ZAPPINO Dall’intestazione magari qualcuno pensa che sto parlando di una piccola zappa, ma non è così. Chi di voi lettori si ricorda dello zappino? Io mi ricordo e voglio portarlo a conoscenza di quelli che non si ricordano più, di quelli che non hanno alcun ricordo, di quelli che non l’hanno mai conosciuto, di quelli della mastranza e dei giovani. Alcune cose se nessuno ne parla finiscono nel dimenticatoio. Fino alla fine degli anni sessanta le reti da pesca erano fabbricate principalmente di cotone o canapa e dopo un pò, che erano usate, si riempivano di deposito di sale e diventavano rigide allora si tingevano per evitare la salsedine. La materia colorante che si usava era la corteccia di pino laricio macinata chiamata appunto Zappino. Negli anni sessanta mio padre non s’imbarcò più e si mise a fare il retaio/magazziniere cioè l’addetto a preparare le reti da pesca ed io qualche volta l’ho aiutato a portare le reti, con il carrettino a mano, prima a fare la tinta e poi a stenderle al sole per farle asciugare. In quegli anni mi ricordo di due tintori più o meno uno di fronte all’altro sul Lungomazaro Ducezio, uno accanto al cantiere della piccola pesca Ingargiola l’altro di fronte sull’altra sponda del fiume e dietro il pastificio Diadema che aveva l’ingresso in Via Luigi Vaccara. I ragazzi, della zona, quando scorgevano un pino tagliato si armavano di martello e scalpello ed andavano a raccogliere lo zappino che vendevano a questi tintori guadagnandosi una bella mancia da spendere per i loro capricci.
· LI SCAPUZZATURATra la seconda metà degli anni cinquanta e fino alla fine degli anni sessanta nei magazzini del pesce allocati nel Lungomazaro Ducezio ed in Piazza dello Scalo, a Mazara del Vallo, esisteva la figura dello "Scapuzzatore" ragazzi dai 10 ai 16 anni che toglievano la testa ai crostacei (Gamberi, Gamberetti, Gamberoni, Scampi). Qualche famiglia arrivava al lavoro al completo e comprendeva anche il padre e 4 o 5 figli. Erano gli anni in cui non era stato inventato il Sodio Solfito E 221 ed i crostacei diventavano facilmente con le teste nere o successivamente negli anni sessanta, già si conosceva, ma ci si fidava poco, allora il mercato richiedeva il prodotto senza testa. I commercianti di pesce mazaresi perciò si avvalevano dell'aiuto di questi ragazzi per confezionare i cassoni, che poi venivano sigillati con la rigetta in metallo, da spedire in tutta la penisola. L'igiene era al massimo livello infatti accovacciati, si rovesciava il contenuto delle cassette per terra sui basalti dei moli o sul cemento dell'interno dei magazzini, gli Scapuzzatori lavoravano intere mattinate a togliere le teste (scapuzzare) ai gamberi per una misera paga. Si lavorava a cottimo dalle 75 lire a cassetta delle prime volte alle 200 lire degli anni sessanta. Una cassetta di allora conteneva dai 12 ai 15 chilogrammi di crostacei. Verso la fine fu vietato, finalmente, lavorare svuotando le cassette a terra e si incominciarono ad usare dei grossi tavoloni ed allora si lavorava in piedi. Sfruttamento minorile al massimo livello. I ragazzi più piccoli furono allontanati quando un coraggioso Maestro elementare, Manlio Urso, incominciò a denunciare la cosa anche perchè in quel periodo l'obbligo scolastico era stato portato a 14 anni. Per un periodo di buon mattino arrivavano i carabinieri o la polizia ed era un fuggi-fuggi generale. Anch'io ho fatto lo Scapuzzatore, la maggior parte dei ragazzi eravamo figli di pescatori e residenti in zona, mi sono allontanato proprio perché il Maestro Manlio mi aveva fatto capire lo sfruttamento perpetrato a nostro danno. Oggi questo tipo di lavoro, ma più che altro lo sgusciamento, viene svolto negli stabilimenti in ambienti asettici e con grembiuli bianchi specialmente da cooperative di donne ed il lavoro è remunerato in modo abbastanza congruo.
· LA VINNIGNANegli anni sessanta ho avuto il piacere di fare un’esperienza bellissima: la vendemmia ovvero la parte finale della coltura della vigna, il raccolto. Negli sterminati vigneti della campagna mazarese nel periodo che andava dai primi di settembre fino ai primi di ottobre c’era una grandissima richiesta di manovalanza in quanto, essendo l’uva arrivata a maturazione, bisognava raccoglierla. Porta Palermo era il luogo dove si riunivano le persone, che provenienti da tutta la Sicilia, si offrivano per lavorare. I Vignaioli arrivavano nel luogo sceglievano gli uomini e se li portavano in campagna per effettuare il raccolto. Io per sei stagioni ho partecipato alla raccolta dell’uva nei vigneti di “lu Zu Totò Marrone” sia a S. Elia (una o due giornate di lavoro) che alla Montagna Meta per (dodici o quindici giorni). Alle prime luci dell’alba iniziava la vendemmia, con la pausa per la colazione verso le nove e la pausa pranzo verso le due. Da scuru a scuru si diceva cioè dall’alba al tramonto. Giornate di grande fatica ma che oggi ricordo con immenso piacere e che spesso racconto ai miei figli con aneddoti vari. Sono pochi i miei coetanei, della zona, che non hanno fatto questa esperienza. L’uva raccolta veniva portata, con il carretto o con furgoni, nella Cantina soc. coop. di Via Maccagnone) dove “lu Zu Totò” era socio.
· E la tradizione continua. I Mazaresi residenti a Bergamo e provincia anche quest'anno hanno organizzato una serata conviviale all’insegna delle comuni radici in un clima di amicizia e allegria. Come gli altri anni, ormai sono cinque anni che ci si ritrova, è stata una bella e piacevole serata . Un bell'incontro tra compaesani che ogni tanto sentono la voglia di dialogare in dialetto senza un fine specifico ma con l'unico pensiero rivolto alle nostre origini: Mazara del Vallo e Pino Di Marco, che ogni anno ci sorprende, quest'anno ha portato una gigantografia di una visione aerea della nostra città con in primo piano il porto ed il lungomare Mazzini. Questa volta ci si è ritrovati il 20 giugno 2008 ed il locale che ci ha ospitati è stato la “Cascina La Nuova” di Comun Nuovo. Parlando di questa Hosteria non si può non rivolgere un pensiero ad un caro amico e concittadino che è stato l'ideatore di questo locale, lo ha ristrutturato, era quasi in rovina, lo ha avviato e lo ha gestito per qualche anno prima della sua prematura scomparsa, Michele Bua. Ciao Michele anche Tu in questa serata sei stato insieme a noi.LE FOTO DELLA SERATA (Anno 2009) Mazaresi di Bergamo e Provincia
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Ritorno Sono ormai 51 anni da quando, nel 1970,sono partito per la prima volta da Mazara, ma a me sembra ieri. Mi sono allontanato prima per motivi di studio poi per motivi di famiglia. Sono rimasto sempre legato sentimentalmente alla città vuoi perché ho lì la maggior parte dei miei familiari vuoi perché lì ho trascorso la mia adolescenza e buona parte della mia gioventù. Mazarese, da almeno sette generazioni, nato e cresciuto a Mazara. Quando ritorno, cioè tutte le volte che ritorno, torno indietro con la mente e sono sopraffatto dalla nostalgia l’essere cresciuto lì tra il fiume e la campagna, tra i vicoli e le piazze, tra San Nicola e Santa Maria di Gesù, tra Tonnarella e il porto, tra la Montagna Meta e San Cusumano e…... sono felice. Mi vengono in mente gli ultimi cavalli, asini, muli…...ed i carretti. E la strada, sempre in mezzo alla strada, e la campagna quando andavamo a rubare i fichi, le nespole o le angurie con il cuore in gola per la paura. Ricordo le prime automobili e i primi televisori, quando la musica si ascoltava alla radio ed i primi jukebox nei bar. Poi gli odori, quelli della Marina, delle zuppe di pesce, dei fritti e delle grigliate e poi quelle del mosto durante la vendemmia, l’odore del pane e della “rianata”. Ricordo le botteghe dei fabbri e dei calzolai, dei barbieri e dei vinai, dei falegnami e dei “panneri”. Ed i canti nei vicoli e le liti nei cortili. Il Cinema Mannina o Diana o Vaccara. Gli antichi festini di San Vito con i giochi della ’ntinna a mari, dell’albero della cuccagna in Piazza Regina e “lu jocu di li pignati” di fronte alla scala dei poverelli e per San Giovanni gli altari per le strade, i falò, le corse dei sacchi e il gioco della padella. Ricordo i miei genitori, i nonni e gli zii, gli amici che ci hanno lasciato per sempre. E non riesco a nascondere, non è mai stato il mio forte, le emozioni, quelle che ti fanno venire un groppo alla gola, che ti fanno scendere una lacrima senza che te ne accorgi, che ti fanno venire il magone. E la cosa si ripete, quando riparto. (Ho scritto la prima volta queste sensazioni quando ho costruito il sito web ed erano passati 37 anni oggi siamo arrivati a 51 anni e il turbamento è rimasto ancora uguale).
Ai giovani che desiderano andare in Olanda in Campeggio consiglio questo bel Camping in mezzo al verde dove alcuni amici, che ci sono stati di recente, mi hanno assicurato che è ancora molto bello. Io sono stato in questo campeggio nel luglio del 1972 e nel luglio del 1973. Il primo anno, per 3 settimane, in compagnia di Gino Montallegro ed il secondo anno per 2 settimane, oltre che con Gino, anche con Piero Quinci. Il campeggio è situato tra la Città di Alkmaar e verso il Villaggio di Bergen, oltrepassato Bergen la strada porta a Bergen aan Zee (6 Km dal Camping) una bella spiaggia piena di dune. E' stata una bellissima esperienza.
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