Queste poesie, inviatemi da Enzo Gancitano, il
poeta Orazio Napoli le dedica alla Mazara che fu, alla città che gli ha fatto
cantare immagini e momenti molto belli e significativi per Lui e per tutti
noi che le apprezziamo.
PORTO
Sugli arti e l'abito nero
mi pesa l'aria del porto.
La guerra è coraggio di passare
da una all'altra riva:
la chiatta scivola adagio
su brune macchie d'unto.
Io vidi - salto mortale-
barche distese sul dorso,
tetti (strisce di nuvole) nel vuoto.
Morte nel fuoco, morte nell'acqua.
Intorno al molo e al sesso
raccolsi- resti marini-
me, una donna e un cavallo. |
RICCHEZZA
Il meglio della costa mazarese
mi torna in testa con le cerase,
le reti al sole, la chiatta alla foce,
i barili di pece e il calafato.
Faggi rossi, donne giovani a valle
e frutti gonfi di rigoglio.
Il marrobbio, le vele e la votazza.
Ho lasciato alle spalle una ricchezza.
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Veliero
Nei quadrivi della marina
-strade a serpe- le notti,
come uomo che nega, sanno
che la banchina a galla
accresce la schiera delle pomici.
E gli amanti annodati.
La dura cuccetta del veliero
sotto i travi ricurvi
mi tiene a gambe piegate.
E' meglio chiamare morte
la vita tra i soffi di vento
che rompono le mani. |
Paese
Paese pescatore (apparsa l'alba)
cominciava a rompersi le braccia.
Le donne (spalle nude e canto mollo)
passavano le ore a faccia a faccia
con sardelle, barili e salamoie.
Erano altre noie le reti al collo,
fiocine, nasse e canne appese ai muri.
Al tramonto la gente si affollava
per l'evento più atteso della sera:
le barche di ritorno e il pesce a riva. |
Strofe al mare |
1
Stagioni e stagioni di piogge, nebbie,
venti, bonacce, solleoni tropicali.
Suoni di frangenti sulle rocce,
clamori di gabbiani.
Intervalli di tenebre,
schiarite di cobalto.
Anche i miei occhi lucidi
avevano le tinte degli spazi,
degli oggetti riflessi alle pupille:
passavano colori verdi, gialli.
Era il bilancio confuso d'amore
del mio balcone affacciato sul mare.
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2
Perchè le maree di primavera
mi chiamano per nome?
Mi fanno segno? Io dico
perchè sono possente marinaio.
Perchè ho tenuto stretta in pugno
con alte voci la sfuggente tela
d'una pesante vela maestra.
Perchè sono stato- notte folle-
(al largo di Capo Granitola)
sbattuto in cima a un'alberatura.
Perchè ho pensato "il cielo si sgretola",
e ho risposto urlo per urlo
a la procella di ponente. |
Orazio Napoli è nato a
Mazara del Vallo nel 1901. Si trasferì a Milano nel 1925 per seguire il
flusso migratorio del tempo, per cercare nuovi orizzonti, meno asfittici,
una terra dove potersi ancorare e creare le su poesie, inseguire i suoi
sogni, avverare le sue aspirazioni di vivere in un ambiente culturale, ed
infatti lavorò
nell'ambito letterario. Poeta e scrittore operò con i più importanti
personaggi dell'epoca come Quasimodo, Zavattini, Saba, Gatto, Sinisgalli,
Tofanellii, Cardarelli, Répaci, Carrieri e Pea. Gaetano Afeltra così
scriveva sul Corriere della Sera in un articolo del 21/08/2003
Formidabili quegli anni ai tavolini di un caffè, a proposito dei Caffè
Letterari, "Al «Craja» di Milano si
ritrovavano Quasimodo, Vigorelli, Ferrata, Solmi, Sinisgalli, Anceschi, Del
Bon, Altichieri, Del Fabbro, Sereni, Orazio Napoli. Tutti disperati d' amore
e di passione, insofferenti della cultura dominante, una specie di Aventino
delle arti". Le sue principali raccolte poetiche
sono: Il Cadavere Innamorato del 1929; Poesie del 1940; Notte Legame Mare
del 1956; Gli Occhi a terra del 1964: Smarrimenti del 1968. Le opere
narrative: Deserto a Melbourne 1935 e 22 letti del 1967. Nel 1948 gli fu
assegnato il premio San Babila. Alla sua morte. avvenuta a Milano nel 1970, fu
sepolto a Mazara per volontà di Rolando Certa, allora Assessore alla Cultura,
che cosi scriveva in quell'anno: "Orazio Napoli è un poeta che bisogna
amare, una delle voci più espressive ed autentiche del «Parnaso»
siciliano di quest'ultimo mezzo secolo.
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